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Secondo il rapporto Greenitaly di Unioncamere e Symbola l’attenzione al green porta aumento del fatturato e crescita economica. Ma in Italia restano pregiudizi e limiti nel raccontare la trasformazione
 
Sono 531 mila le imprese che nel quinquennio 2017-2021 hanno investito su rinnovabili ed efficienza energetica, con un incremento del 51% rispetto alla rilevazione precedente. È quanto emerge dal 13° rapporto Greenitaly, pubblicato il 25 ottobre da Unioncamere e Fondazione per le qualità italiane Symbola.

Green e digitale di pari passo
I numeri attestano come le imprese eco-investitrici si impegnino a coordinare gli investimenti sulla sostenibilità con l’innovazione tecnologica. A questo proposito, il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli ha dichiarato: “Un numero ancora più consistente di imprese prevede di abbinare per il biennio 2022-2024 l’investimento green a quello digitale. Uno sforzo complementare che consente alla produttività aziendale di crescere fino 14%”.

Indicatori in crescita
A livello territoriale, oltre la metà delle imprese green oriented è concentrata in 5 regioni:  Lombardia (90.520), Veneto (51.780), Lazio (49.510), Campania (46.020) ed Emilia Romagna (41.850). Una “élite” industriale che grazie agli eco-investimenti può vantare un incremento della performance rispetto alla concorrenza non ancora orientata a pieno verso la green economy. Nello specifico, l’aumento del fatturato dichiarato da queste imprese ammonta al 49%, contro il 39% delle imprese che non hanno investito in tecnologia e sostenibilità. Così export e assunzioni, aumentati rispettivamente del 35% (contro il 16%) e 23% (contro il 16%).

Burocrazia,  competenze ed energia le note dolenti
Quanto alle criticità, Unioncamere rileva come le imprese fatichino a reperire sul mercato del lavoro le competenze proprie dei green jobs. “Con oltre 3 mln di collaboratori, i green jobs rappresentano una quota importante dell’occupazione italiana – ha dichiarato Tripoli – diffusi soprattutto nei livelli più alti di responsabilità aziendale. Tuttavia, lo scorso anno un’impresa su due ha lamentato difficoltà a reperire le competenze necessarie a ricoprire quei ruoli”. Nel 2021, a fronte degli 1.6 mln di profili green jobs ricercati la difficoltà di reperimento ammontava al 40.6%.

Altra criticità è data dalla quota stagnante di energia elettrica prodotta a partire da fonti rinnovabili. Il report rileva infatti come a seguito dell’impennata di oltre dieci punti percentuali registrata dal 2011 al 2016, il peso delle rinnovabili si sia arrestata attorno al 40%. “Nonostante si tratti di una quota consistente, la produzione di energie rinnovabili è rimasta al palo”, ha rimarcato Tripoli. A settembre 2022, le nuove installazioni hanno fornito 1 gw di elettricità da rinnovabili a fronte dei 280 gw richiesti. Secondo Unioncamere, la cause vanno ricercate nei tempi “indescrivibilmente lunghi” per ottenere le diverse autorizzazioni necessarie all’avviamento dei nuovi impianti. 

Alla conferenza stampa ha partecipato anche il presidente di Symbola Ermete Realacci, che ha espresso un giudizio politico sulla crisi energetica. “C’è anzitutto un problema di sburocratizzazione che neppure il governo Draghi è stato in grado di risolvere. Sono certo che il Ministro Urso riprenderà la partita della sostenibilità”.

Realacci ha inoltre individuato un problema culturale che impedisce di avere maggiore consapevolezza dei progressi fatti dall’economia verde italiana. “Dobbiamo imparare a leggere i nostri punti di forza. Penso ad Arvedi, la prima acciaieria al mondo che neutralizza del tutto la produzione di Co2 – ha dichiarato l’ex deputato del Pd -. Se si fosse trattato di un’azienda francese, Macron non avrebbe esitato a intestarsela invitando il mondo a seguire il loro esempio”, ha concluso Realacci.

di Enrico Picone