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L'ECONOMIA CIRCOLARE TRA OPERATORI IDRICI E GESTORE DEI RIFIUTI URBANI
Thursday 22 April
L'ECONOMIA CIRCOLARE TRA OPERATORI IDRICI E GESTORE DEI RIFIUTI URBANI

L’incentivo alle aziende idriche che realizzano impianti di trattamento fanghi, meglio se in collaborazione con le aziende di gestione dei rifiuti urbani, consentendo un profit sharing dei ricavi derivanti dal riciclo.
L'ultimo paper del laboratorio REF Ricerche sui fanghi di depurazione consente di riaccendere i riflettori su un tema centrale dell'economia circolare, ultimamente confinato solo alle cronache giudiziarie. Il flusso di fanghi da depurazione civile nel nostro Paese è consistente, circa 3,1 milioni di tonnellate l'anno, destinate a diventare 4,4 nei prossimi anni, con il completamento dei cicli di depurazione ancora parziali, specie al Sud. I fanghi sono uno dei pochi rifiuti “buoni”, il cui aumento è un ottimo segnale, vuol dire che depuriamo di più e inquiniamo meno fiumi, laghi e mari.Da sempre i fanghi civili vengono usati in agricoltura come ammendante o fertilizzante, uno dei primi casi di economia circolare semplice ed efficace. Le aziende di depurazione li producevano e li portavano agli agricoltori che ne avevano un gran bisogno, in un'agricoltura sempre più intensiva e senza animali. I costi erano bassi, l'impatto ambientale zero. 
Questo esempio virtuoso di economia circolare è stato bloccato alcuni anni fa da indagini che accertando alcuni episodi di illegalità hanno acceso un dibattito pubblico impazzito, che ha prodotto di fatto lo stop all'uso di fanghi in agricoltura, la demonizzazione di questi rifiuti (Comuni che si dichiaravano “defanghizzati”), l'aumento dei costi e delle tariffe idriche per l'avvio a trattamento di tali flussi e spesso per la loro esportazione. Da 20 euro tonnellata a 250 euro. Esattamente l'opposto di quello che sarebbe ragionevole fare: riciclo in agricoltura e costi bassi.

La consueta complessità normativa italiana non ha aiutato, basti pensare al tema degli idrocarburi e dei limiti introdotti in assenza di legge, ricorrendo ad una tabella per le bonifiche, come se un terreno agricolo che usa i fanghi fosse un'ex industria dismessa. Una follia. Oggi 1,6 milioni di tonnellate di fanghi vengono avviati a smaltimento e non a recupero, e 222.000 tonnellate addirittura esportate all'estero. Deficit impiantistici di recupero si registrano in Toscana, Lazio, Campania e Puglia. Da un po’ di tempo si è fortunatamente aperta una fase nuova, si prova a tornare in uno schema di economia circolare evoluta. In effetti depurazione, riciclo delle acque e dei fanghi rappresentano uno dei casi più importanti di applicazione dei criteri della circular economy, che avrebbe un effetto enorme sull'uso efficiente di acqua, fertilizzanti ed energia.

Il detonatore della nuova fase, come giustamente REF sottolinea, è stato lo stimolo di Arera, l'Autorità nazionale, con l'introduzione nel 2018 della regolazione della qualità tecnica (RQTI), che introduceva un obiettivo di riduzione dei fanghi smaltiti in discarica (M5). Poi l'approvazione del nuovo metodo tariffario (MTI3) che ha ampliato il perimetro del servizio idrico all'impiantistica di trattamento dei fanghi in chiave di recupero energetico ma anche di recupero di materia, riconoscendo ai gestori i costi addizionali di smaltimento.
Di fatto, un incentivo alle aziende idriche che realizzano impianti di trattamento fanghi (fino ad allora ritenuti di competenza del settore rifiuti), meglio se in collaborazione con le aziende di gestione dei rifiuti urbani, consentendo un profit sharing dei ricavi derivanti dal riciclo e dal risparmio dei costi di smaltimento.

Una scelta regolatoria che alcune aziende hanno colto al volo, realizzando impianti integrati acqua/rifiuti, con produzione di biometano, fertilizzanti ed in alcuni casi idrogeno. Insomma, un problema si sta trasformando in un'opportunità industriale che guarda al futuro.

Si apre così un nuovo campo di innovazione nel più ampio orizzonte dell'economia circolare, basato su un'integrazione funzionale e gestionale fra operatori idrici e gestori dei rifiuti urbani, con numerosi output positivi per il recupero di materia, la fertilità dei suoli, la produzione di energia da fonti rinnovabili. Veri e propri casi di simbiosi industriale in cui l'output di un soggetto diventa input per l'altro, in una logica di circolarità e sostenibilità. Servirebbe certezza normativa, oltre che regolatoria, che consenta questi investimenti in un quadro di certezza. Prima di tutto l'allungamento della finestra GSE per gli incentivi al biometano almeno fino al 2024, una chiarificazione normativa su biometano e compost (end of waste, limiti di accettabilità sui suoli, normativa da applicare), una semplificazione autorizzativa per impianti al confine fra il servizio idrico e la gestione dei rifiuti.Tutte cose adeguate ai Piani di spesa del Recovery Fund. Occasione da cogliere, per ovviare a un problema che è bene ricordare, sta costando all'Italia ogni giorno 165 mila euro di sanzioni da parte dell'Unione Europea.

(@degirolamoa)

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