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PLASTICA: UNA RISORSA O UN INCUBO DAL QUALE LIBERARSI?
Wednesday 02 December
PLASTICA: UNA RISORSA O UN INCUBO DAL QUALE LIBERARSI?

Cresce il consumo di plastica e il conseguente smaltimento dei rifiuti è un problema sempre più impellente e preoccupante. In Europa la produzione è 50 volte superiore rispetto alla metà del secolo scorso: dai 15 milioni di tonnellate degli anni ’60 si è passati – secondo il Wwf – agli oltre 300 milioni di oggi. E poi dove finisce? Purtroppo, molto va negli oceani: sempre il Wwf stima che ce ne siano fino a 150 milioni di tonnellate di plastica, quasi 60mila frammenti per km2 e se ne è trovata traccia ormai in quasi tutti gli ambienti naturali. Non si parla solo di oggetti di plastica, come sacchetti o imballaggi vari, ma anche microplastiche. La plastica, purtroppo, è spesso destinata a un utilizzo usa e getta e solo il 30% viene riciclato a livello mondiale. Va un po’ meglio in Italia: secondo gli ultimi dati di Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, si arriva al 43,5%. Il resto, purtroppo, è destinato a discariche e termovalorizzatori. La sensibilità dei cittadini sul tema è sicuramente in crescita, anche se vengono commessi ancora alcuni errori, in quanto non tutta la plastica va differenziata. Un altro scoglio da superare è l’utilizzo di plastiche non riciclabili per la realizzazione di vari prodotti. L’industria del riciclo della plastica in Italia è in crescita, con benefici per l’ambiente e per l’economia. Secondo i recenti dati raccolti nel Green Economy Report, a cui hanno lavorato Corepla e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, l’Italia si colloca al terzo posto dopo Germania e Spagna per il tasso di riciclo della plastica. In discarica sono ormai destinati solo il 20% dei rifiuti, quantità che può essere ancora ridotta. Secondo i dati forniti dal Green Economy Report, tra il 2018 e il 2019, il beneficio economico è di 2 miliardi di euro in quanto, grazie al riciclo, non si è consumata materia prima, si è prodotta energia e si sono ridotte le emissioni di CO2. Dalla fine degli anni ’90 a oggi la quantità di plastica raccolta per cittadino è cresciuta da 2 kg a 18 kg. E i nostri mari sono liberi dalle plastiche? Rifiuti plastici: qual è la situazione dei nostri mari? I rifiuti plastici sono una minaccia per l’ambiente e che finiscono per riempire spiagge, mari e altri luoghi naturali. Le microplastiche, nemici quasi invisibili che invadono i mari, il nostro Mediterraneo ne è testimone! Ma da dove provengono e sopratutto, dove vanno? L’uso che facciamo della plastica è veramente ciclopico e ormai la plastica è parte importante della nostra quotidianità. Le microplastiche potrebbero provenire potenzialmente da qualsiasi oggetto in plastica che si disgrega e frammenta, per esempio da buste e bottiglie di plastica, oggetti usa e getta, flaconi, giocattoli, pneumatici e scarpe, vernici – in pratica da qualsiasi cosa vi venga in mente o abbiate davanti agli occhi in questo momento, che sia di Pvc, Pet, polistirolo. Una buona parte dei microfilamenti di plastica provengono anche dalle fibre dei tessuti che vengono lavati in lavatrice – tessuti che contengono poliestere, nylon e altre fibre sintetiche plastiche – che i filtri delle lavatrici spesso non riescono a trattenere e vanno a finire nei reflui. A questo proposito ci sono diversi studi che stanno valutando le potenzialità di un batterio, Ideonella sakaiensis, che potrebbe essere in grado di scomporre il Pet. I rifiuti plastici non correttamente smaltiti o non riciclati, seguono un lungo e arduo percorso per finire tutti in un unico luogo, il nostro mare. È qui che anche grandi oggetti, lentamente, con l’azione del moto ondoso e della luce solare, in particolare dei raggi Uv, si disintegrano e generano microparticelle di plastica, che diventano sempre di più piccole e, con le mareggiate, insieme ad altra plastica più grande, finiscono sulle spiagge. L’impatto ambientale della plastica è elevatissimo e la pericolosità di questi oggetti per molti animali è purtroppo fatale. Possono entrare pericolosamente nelle catene alimentari. Gli organismi direttamente impattati sono quelli alla base delle catene alimentari marine, come il plancton e sono state trovate nanoplastiche addirittura dentro i tessuti vegetali della Posidonia oceanica, sulla quale poi altri organismi vanno a nutrirsi. Il rischio è che si accumulino sempre di più negli organismi e che risalgano le catene alimentari. Non è possibile cancellare la plastica dalla nostra vita, possiamo però ridurla, sostituirla e contemporaneamente mantenere e promuovere dei comportamenti responsabili. Smaltimento dei rifiuti plastici: a che punto siamo e cosa dice la nostra normativa? Risolvere la questione dei rifiuti di plastica nell’ambiente necessita di risposte complesse e articolate. Se si vuole contrastare l’inquinamento dei mari e degli oceani e le conseguenze devastanti sia per gli animali marini come per la catena alimentare umana, è indispensabile muoversi su più fronti: identificare le attività umane fonti della produzione di rifiuti plastici tracciare il cammino dei rifiuti che attraverso i fiumi sono portati dai territori agli oceani intercettare i comportamenti da modificare soprattutto nelle aree più inquinanti e riqualificare e riciclare i rifiuti L’Europa ci sta aiutando e sta seguendo questo percorso. Infatti, la normativa europea, in particolare la Direttiva (UE) 2019/904 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente e le misure del Ministero dell’Ambiente sulla Plastic Free, stanno, da un lato, promuovendo azioni di accompagnamento e sensibilizzazione della pubblica amministrazione verso i  territori, per concretizzare gli obiettivi della Strategia europea per la plastica nell’economia circolare e, dall’altro, stanno mettendo in campo tutte le procedure normative per attuare la direttiva sulle plastiche monouso, rendendo più stringenti le regole sull’utilizzo della plastica, in particolare quella monouso che verrà definitivamente bandita dal 2021. Esistono già delle buone pratiche sulla plastic free nel settore produttivo e ne sono un esempio Federchimica, che ha messo in atto i principi dell’economia circolare per cambiare il modello di business della filiera chimica e il progetto SpreK.O., finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato in partnership con Cittadinanzattiva e Aics. Iniziativa che ha favorito la creazione di una rete nazionale per la lotta contro lo spreco e che promuove il consumo responsabile. Si tratta di individuare delle nuove forme di educazione al riciclo e all’economia circolare, investendo in progetti che possano sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni a comportamenti ecologici e a riuscire a cambiare gli orizzonti futuri in tema di ambiente e clima.

 

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